“La transizione dell’automotive all’elettrico è un processo ormai avviato ma ai fini della sostenibilità ambientale e del rinnovo del parco vetture circolanti non è esclusivo; non rappresenta l’unica via perseguibile né la più immediata né la meno impattante dal punto di vista ambientale, economico, occupazionale e sociale. Dobbiamo investire sulla gradualità del processo per non avere impatti negativi sull’occupazione”. mise-ministero-dello-sviluppo-economicoE ancora: “Serve un piano nazionale energetico eco-sostenibile non dipendente da fonti fossili e declinabile nei prossimi anni, e nel frattempo possiamo puntare al rinnovo dell’attuale parco veicoli circolanti senza demonizzare le propulsioni più tradizionali e mature, che presentano comunque emissioni ridotte rispetto agli attuali euro 0, 1, 2, 3 e 4, e garantiscono la tutela dell’occupazione non solo negli stabilimenti FCA e CNHI ma nell’intera filiera automotive. Fondamentale in tutto ciò una posizione di neutralità del Governo dal punto di vista tecnologico”.
Questa in sintesi la posizione di AQCF-R alla prima riunione del ‘gruppo di lavoro sulla domanda’ che si è tenuta ieri al Ministero dello Sviluppo economico, nell’ambito del tavolo dedicato al settore automotive, e aperta dal Ministro Patuanelli.
Il Segretario Generale di AQCF-R Giovanni Serra ha ribadito l’impegno a tutela del lavoro e ha precisato le modalità per accompagnare gradualmente la transizione all’elettrico per salvaguardare l’occupazione e creare le condizioni per la conversione professionale degli addetti.

Serra ha evidenziato che, oltre a contingenti interventi di ammortizzatori sociali per permettere attualmente di mantenere il tessuto connettivo occupazionale inalterato, è necessario dimensionare correttamente le tempistiche e le modalità di attuazione della transizione energetica e produttiva nell’automotive, pena pesanti effetti boomerang dal punto di vista economico, ambientale e occupazionale.

Occorre mettere in atto misure finalizzate alla mobilità sostenibile che siano complementari. Il problema è complesso e presenta molteplici criticità. Nessuno ha “la” soluzione del problema ma possiamo identificare un mix di misure convergenti sull’obbiettivo ambientale e occupazionale.

Il progressivo passaggio alla mobilità elettrica sarà impattante sull’occupazione nell’automotive e nel suo indotto perché i sistemi di propulsione elettrici hanno meno componenti rispetto al motore a benzina o diesel e sono più semplici da costruire; inoltre il costo della nuova tecnologia è elevato e prima che possa diventare comparabile con il motore a scoppio ci vorrà molto tempo.

Mobilità sostenibile nelle città significa politiche di trasporto pubblico, programmazione e gestione del trasporto urbano intergrato.
Ma mobilità sostenibile significa anche strumenti di welfare come lo Smart Working. CNHI recentemente ha raddoppiato i giorni di lavoro agile a disposizione dei lavoratori per agevolarli nel fronteggiare l’emergenza smog a Torino e provincia, e il blocco del traffico. Positive le ricadute in termini di potenziale riduzione delle emissioni: si può calcolare che l’anno scorso, grazie a queste misure in CNHI, siano state emesse oltre 300 tonnellate di CO2 in meno sull’area metropolitana torinese.

aqcf_r-al-mise-piano-energetico-nazionaleStudi di società indipendenti sulle prospettive della transizione elettrica stimano che, se attuata al 2020, porterebbe ad un aumento dell’emissione di CO2 piuttosto evidente. Questo perché la rete elettrica con cui sarebbero caricate le vetture è ancora fortemente dipendente dai combustibili fossili, e quindi emette CO2 a sua volta. Che sommata alla emissione legata alla costruzione della batteria renderebbero la vettura elettrica peggiore di una a combustione.
Solo in uno scenario di sviluppo sostenibile della rete elettrica centrato sulle energie rinnovabili ammesso che sia possibile ed economico farlo – l’auto elettrica sarà competitiva. E comunque anche in questo scenario la transizione per non essere dannosa non dovrebbe iniziare prima del 2030. Serve un piano energetico nazionale che sia eco-sostenibile e sganciato dalle fonti non rinnovabili.

Tuttavia nel frattempo non compiamo l’errore di demonizzare le propulsioni tradizionali: i nuovissimi motori diesel attualmente sono i meno inquinanti; i motori a gpl, a metano e biometano sono tecnologie basso-emissive mature e consolidate, e con una rete di approvvigionamento del combustibile a basso costo.

È proprio il diesel il nostro vero nemico?
Dati elaborati su uno studio Ifo Institute da Federmetano, sul confronto fra le emissioni di CO2 di una Tesla Model 3 rispetto a una Mercedes turbodiesel, evidenziano che il “motore elettrico produrrebbe nel migliore dei casi (156 g CO2) l’11% di emissioni in più rispetto al motore diesel e nel peggiore (181 g) il 28% in più. Siamo sicuri di voler abbandonare il diesel?
Rispetto al motore a metano, invece, produrrebbe nel migliore dei casi (156 g CO2) il 58% di emissioni in più. Se paragonato al motore a gas, che ha emissioni di CO2 di soli 99 grammi per chilometro, il motore elettrico nell’odierno mix energetico tedesco non è così performante. Anche nel caso più favorevole di emissioni CO2 per la produzione di batterie, le sue emissioni sono superiori del 58% a quelle del motore a metano. Nonostante l’elevata incidenza del WTT (Well To Tank) nelle emissioni di CO2 per il motore a gas naturale, il motore a combustione interna a gas naturale non ha eguali in termini di emissioni di CO2 e batte tutte le altre alternative (fonte: www.federmetano.it”)

CNHI sta investendo in un’ampia gamma di soluzioni tecnologiche che permetteranno di raggiungere il target fino al 2030. Il trasporto leggero e pesante può passare attraverso il gas naturale (metano, biometano), idrogeno, diesel, elettrico e la trazione ibrida diesel-elettrico.
Un marchio leader nel settore, IVECO, punta sul camion a idrogeno per rendere sostenibile il trasporto pesante, e nel frattempo gestirà la transizione con i nuovi motori diesel che sono la propulsione più ecologica al momento e rappresentano la soluzione motoristica attuale più importante e diffusa, su cui l’azienda investe per migliorare continuamente l’efficienza e le caratteristiche tecniche, con ottimi risultati.

Le attuali previsioni al 2030 ci dicono che il parco automobili con motori simil-termici sarà circa il 70% del totale e l’elettrico sarà solo il 17% del mix. Il vero e urgente problema è il parco vetture circolante, che è invecchiato rispetto a 10 anni fa: nel 2018 il 16% delle automobili aveva più di 20 anni, una percentuale che rispetto al 2000 è quasi raddoppiata. Dobbiamo sostituire i vecchi motori euro 0, 1, 2, 3 e 4 con i più recenti euro 5 e euro 6, raggiungendo il duplice obiettivo ambientale e occupazionale.

Per quanto riguarda gli incentivi al sostegno della domanda di automobili elettriche, oggi si stimano 6.000 per ogni macchina. Se tutti acquistassero vetture elettriche si genererebbe un impatto sulla finanza pubblica per svariati miliardi di euro, sottraendo magari risorse importanti per l’occupazione e l’ambiente.
Dobbiamo fare i conti con il potere d’acquisto di uno stipendio di un lavoratore, di un operaio, di un impiegato o di un quadro. Un lavoratore può sostenere il costo di una macchina elettrica? E inoltre mancano stime sugli investimenti necessari a realizzare strutture elettriche di ricarica rispetto ad altri sistemi e sul reale rapporto costo-benefici.

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Giovanni Serra – Segretario Generale AQCF-R

Non perdiamo di vista l’obiettivo che è quello di diminuire l’impatto ambientale della mobilità e svecchiare il parco circolante.
In una situazione di crisi del mercato automobilistico e di prolungata incertezza o di stallo della domanda da parte del consumatore legata alla transizione energetica, riteniamo più sostenibile spalmare gli incentivi dedicati all’acquisto di nuovi prodotti su un ventaglio più ampio di soluzioni tecnologiche o semplicemente su tradizionali motori termici ottemperanti le nuove normative omologative.
Per tutti questi motivi è auspicabile, da parte del Governo, l’assunzione di una posizione neutra sulle diverse possibilità tecnologiche per ridurre le emissioni e per migliorare la qualità dell’aria e dell’ambiente. È auspicabile una visione aperta alla multisettorialità, che componga le diverse tecnologie esistenti – tra cui metano, biogas, gpl, idrogeno, nuovo diesel – che tenga conto delle risorse economiche disponibili evitando di catalizzare tutta l’attenzione sull’elettrico. A parità di emissioni, l’elettrico è molto costoso rispetto al metano, al biometano o all’idrogeno.