Il nuovo piano dell’Unione Europea per il settore automobilistico tenta di mitigare gli effetti delle politiche ambientali precedenti, ma si configura come un’occasione persa per una vera revisione strategica.
Se da un lato introduce maggiore flessibilità nelle multe sulle emissioni – posticipandole dal 2025 al 2028 – dall’altro non rivede la scadenza del 2035 per lo stop ai motori termici, aggravando un comparto già in crisi.
Le misure principali si concentrano su cinque pilastri: innovazione, mobilità pulita, competitività, approvvigionamento e parità di condizioni. Tuttavia, non prevedono nuove risorse economiche, ma solo una riallocazione di fondi già esistenti, come il miliardo di euro di Horizon Europe per il 2025-2027.
Alcune aperture si registrano sui carburanti alternativi, con un’accelerazione della revisione del regolamento CO₂ (ora anticipata al 2025) che potrebbe includere e-fuels e biocarburanti, ma senza un vero riconoscimento del principio di neutralità tecnologica.
Sul fronte delle infrastrutture, la Commissione punta a investire 570 milioni di euro nei prossimi due anni per colonnine di ricarica, e a incentivare la transizione con incentivi nazionali ed europei per l’acquisto di auto elettriche.
Criticità del piano
- Mancanza di ulteriori risorse: nessun nuovo fondo per supportare le aziende nella transizione.
- Rigidità sulla data del 2035: il divieto dei motori termici resta intatto nonostante la richiesta di un approccio più graduale.
- Eccessivo focus sull’elettrico: viene ignorata l’importanza della diversificazione tecnologica come i biocarburanti e l’idrogeno.
- Deroghe insufficienti: il rinvio delle multe riguarda solo le auto leggere, escludendo i veicoli pesanti, che faticano a rispettare i target.
- Competizione sleale con la Cina: pur riconoscendo il problema, il piano non prevede misure realmente efficaci contro la concorrenza asiatica.