Nel corso dell’Osservatorio nazionale è emerso che Iveco resta una società fortemente radicata in Italia, che immagina sviluppo e crescita qui nel nostro Paese: ad attestarlo sono non solo le dichiarazioni di principio dell’amministratore delegato Gerrit Marx, ma anche i numeri di occupati e investimenti.
Da ottobre 2022 a ottobre 2023 gli organici sono saliti da 12.850 a 13.800 occupati; ciò è stato reso possibile da un buon andamento della produzione e da percorsi concordati di stabilizzazione di centinaia di lavoratori somministrati, che garantiscono non solo un’occupazione in crescita ma anche stabile e di qualità.
Quanto al futuro, si attendono lanci in tutti i segmenti di veicoli commerciali e investimenti nel 2024 in capital expenditure (capex) di processo per l’Italia pari a circa 60 milioni di euro.
Tuttavia molto importante per il futuro di Iveco sarà anche l’evoluzione della normativa europea in tema di transizione energetica. I veicoli commerciali leggeri sono soggetti alla medesima normativa delle autovetture private, che come noto porterà progressivamente all’elettrico con un divieto formale nel 2035 e con limitazioni sostanziali crescenti già alcuni anni prima.
Fra il 20 e il 22 novembre prossimo il Parlamento europeo voterà inoltre sulla proposta di regolamento della Co2 avanzata dalla Commissione sui veicoli pensanti; è in discussione attraverso il così detto “carbon correction factor” la possibilità che venga introdotto il principio della neutralità tecnologica, ammettendo oltre all’elettrico altri carburanti egualmente ecologici come i biocarburanti di ultima generazione.
Come sindacato ci auguriamo che venga finalmente assunto il principio di neutralità tecnologica, poiché per definizione è quello che offre le migliori garanzie sia dal punto di vista ambientale che industriale. L’importante è il risultato, vale a dire che inquinamento e emissioni di Co2 si riducano progressivamente, mentre il mezzo per arrivarci dovrebbe rappresentare evidentemente una questione tecnica e non ideologica. Anzi è giusto valutare l’intero impatto ambientale di una tecnologia senza limitarsi alla sola fase di circolazione. Auspichiamo che il Governo italiano saprà far valere nelle sedi europee il principio della neutralità tecnologica prima che sia troppo tardi. Ogni scelta sbagliata si paga amaramente in termini sia ecologici sia occupazionali.