“Nell’ambito del tavolo automotive avviato dal Mise, apprezziamo la convocazione odierna del gruppo ‘Aspetti produttivi e industriali’ che è stata presieduta dal vice ministro Gilberto Pichetto Fratin. Lo riteniamo un segnale positivo che dimostra la volontà delle istituzioni di proseguire sul percorso intrapreso del confronto con i player della filiera, e di cogliere e massimizzare tutte le opportunità di politica industriale che la trasformazione in atto dell’automotive può rappresentare per il Paese” – ha dichiarato il Segretario Generale di AQCF-R Giovanni Serra alla fine dell’incontro.
“La consapevolezza di realizzare un piano strategico in cui si parla di filiera dovrebbe appartenere allo Stato Italiano, all’intero Paese, poiché si tratta di un settore strategico per la nostra economia e per l’occupazione, nella convinzione che l’elettrico è un’opportunità di sviluppo ma non deve essere esclusiva nell’automotive e soprattutto deve divenire una tendenza globale, pena selvagge delocalizzazioni produttive”.
La politica industriale e la sostenibilità
“È necessario valutare le opportunità e le minacce che devono essere contemperate per puntare ad azzerare i rischi di delocalizzazione industriale e occupazionali – ha dichiarato Serra. L’eliminazione totale dei motori endotermici entro il 2035, proposta dall’Unione europea, porterebbe gravi danni al sistema industriale italiano e all’economia del Paese con pesanti ricadute in termini occupazionali. Gli effetti negativi di una misura così restrittiva sull’intero comparto automotive – dove il ciclo di vita del prodotto è piuttosto lungo – sono intuitivi.
Rendere l’Europa un’area a basso impatto ambientale entro il 2030 con emissioni più basse di oltre il 50% rispetto agli anni Novanta e azzerare completamente le emissioni entro il 2050 è un programma coraggioso e sicuramente condivisibile dal punto di vista della salvaguardia ambientale, che interessa la qualità della vita di tutti noi e delle generazioni future. Tuttavia misure così impegnative e stringenti potrebbero causare una forte delocalizzazione dei sistemi produttivi in aree non soggette a regolamentazione e non interessate dal Green Deal.
Inoltre poiché il continente europeo produce solo l’8% delle emissioni totali contro il 15% degli Usa e il 30% della Cina, al rischio di delocalizzazione industriale probabilmente si sommerebbe quello della mancata riduzione delle emissioni: un doppio autogol.
La politica fiscale e le accise
In questo contesto, la recente proposta dell’Unione europea di bloccare totalmente i motori sia diesel che benzina entro il 2035 – considerando che il parco circolante italiano è tra i più vecchi d’Europa (con molti veicoli immatricolati più di dieci anni fa) – necessita di una rigorosa valutazione delle ricadute sia a livello europeo sia nel nostro Paese – ha commentato il Segretario Generale di AQCFR. In Italia l’intera filiera automotive vale circa il 7% del Pil, impiega oltre un milione di addetti e, non ultimo, genera un indotto fiscale per gran parte determinato dalle accise sui carburanti, quantificabile in svariati miliardi. Cifre che devono fare riflettere sulla portata e sulla necessaria gradualità delle misure.
L’occupazione e la formazione professionale
“Ci sono motori endotermici di ultima generazione a bassissime emissioni, che potrebbero dare un grande contributo allo svecchiamento del parco circolante italiano e consentire la saturazione degli impianti produttivi e la tutela occupazionale nel breve e medio periodo, dato che le vetture elettriche si posizionano su fasce di prezzo ancora elevate. Nel frattempo si potrebbero risolvere i molti problemi legati alla sostenibilità di un sempre più ampio parco vetture elettriche, dai costi energetici alle batterie, dalle reti di distribuzione alle modalità di ricarica.
Le persone attualmente occupate nell’automotive hanno la necessità di essere formate e i nuovi entranti, a qualsiasi livello, dagli operai agli ingegneri, dovranno essere formati sulle nuove tecnologie nel contesto di politiche industriali vere, che puntino a fare sistema con il mondo della formazione e della scuola – ha concluso Serra. Se non saranno ideati e avviati programmi di aggiornamento professionale adeguati e se non si instaurerà un rapporto più stretto e in continuità, tra scuola e impresa, ci troveremo di fronte a un rischio occupazionale di grandi dimensioni”.