Recentemente ci sono stati sviluppi cruciali per il nostro settore, il nostro lavoro e il futuro dell’industria automobilistica italiana ed europea. La transizione verso la mobilità elettrica è stata al centro del dibattito politico, sindacale e industriale degli ultimi tempi. La nostra organizzazione ha sempre sostenuto una transizione che tenesse conto delle esigenze dei lavoratori, delle specificità del nostro tessuto industriale e della necessità di una reale sostenibilità ambientale, economica e sociale.

Le notizie che arrivano da Bruxelles, e che sono state riportate da diverse testate giornalistiche, segnano una svolta significativa. L’Unione Europea ha deciso di sospendere le multe per le case automobilistiche che non rispettano i limiti di emissioni di CO2. Inoltre è stata concessa una proroga di tre anni (fino al 2028 invece del 2025) per l’adeguamento alle normative.

Cosa significa questo per noi?
Questo cambiamento di rotta rientra pienamente in quanto auspicato e prospettato dalla nostra organizzazione. Abbiamo sempre sostenuto che:

1. La corsa all’elettrico era troppo veloce: l’imposizione di scadenze troppo ravvicinate metteva in ginocchio un settore strategico per l’economia italiana ed europea.

2. Le tecnologie necessitano di adattamento: la transizione richiede investimenti e tempo per adeguare le fabbriche e le linee di produzione. Non si può pretendere una conversione immediata senza conseguenze.

3. Il passaggio all’elettrico, senza un’adeguata gestione, avrebbe potuto portare e di fatto ha portato, una perdita di posti di lavoro e di competenze, un vero e proprio esodo di lavoratori senza un ricambio generazionale adeguato.

4. L’industria automobilistica italiana ha una storia e un know-how secolari che rischiavano di essere spazzati via da una transizione troppo repentina.

5. È necessario uno scenario più realizzabile e meno traumatico: abbiamo sempre chiesto una transizione graduale che tenesse conto delle realtà produttive e dei tempi necessari per l’innovazione.

6. La perdita di commesse per i fornitori: la filiera dell’automotive italiana è complessa e articolata. Una transizione repentina avrebbe messo a rischio l’intera catena di fornitura.

7. La carenza di infrastrutture: la diffusione delle auto elettriche richiede una rete di ricarica adeguata, che ancora non è sufficientemente sviluppata.

8. Le imposizioni dall’alto non rispettavano il mercato: le decisioni sulla transizione sono state spesso calate dall’alto, senza un reale coinvolgimento delle parti sociali e dei lavoratori.

9. La concessione di spazi alla concorrenza cinese: un passaggio troppo veloce all’elettrico apre a maggiore concorrenza dei produttori cinesi.

La nostra linea di pensiero è in accordo con le proposte europee dell’ultima ora.
La decisione dell’Ue di rivedere le tempistiche e di sospendere le multe dimostra che le nostre preoccupazioni erano fondate. La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha parlato di “neutralità tecnologica”, un concetto che abbiamo sempre sostenuto: non solo l’elettrico, ma anche altre tecnologie possono contribuire alla riduzione delle emissioni.

Cosa fare ora per costruire un futuro sostenibile per l’industria automobilistica italiana ed europea, un futuro che garantisca lavoro, dignità dei lavoratori e rispetto per l’ambiente?

Pensiamo di dover:

• “Monitorare”: vigilare attentamente sull’attuazione di queste nuove misure e assicurarci che la proroga venga utilizzata per una transizione fattibile, giusta e sostenibile.

• “Proporre”: continuare a portare avanti le nostre proposte per una transizione che tuteli i lavoratori, le imprese e l’ambiente.

• “Negoziare”: partecipare attivamente al dialogo con le istituzioni e le aziende per definire le modalità concrete della transizione.

• “Formare”: investire nella formazione per nuove figure lavorative.
Questi sono primi passi importanti, ma non è il momento di abbassare la guardia.