Si è riunito oggi a Roma il Tavolo automotive al Mise, alla presenza del ministro Giancarlo Giorgetti, del viceministro Gilberto Pichetto Fratin, del ministro del lavoro Andrea Orlando, del ministro dell’economia e finanza Daniele Franco, del ministro alla transizione ecologica Roberto Cingolani, e del ministro alle infrastrutture e trasporti Enrico Giovannini, anche in vista del Consiglio dei ministri dell’Ambiente del prossimo 28 giugno a Bruxelles.
Da parte del ministro Giorgetti e del viceministro Pichetto Fratin e a nome del Governo è stata espressa posizione concorde nel perseguire e attuare un processo di transazione più consapevole, pragmatica e adeguata alla criticità che essa determina nel nostro Paese, ed è emersa l’intenzione di accompagnare la filiera automotive puntando a ottimizzare le risorse disponibili, senza trascurare tutte le opportunità del PNRR e anche con l’emanazione di Dpcm in tempi brevi.
Per AQCF-R è intervenuto il Segretario Generale Giovanni Serra che, ribadendo la criticità del momento – a seguito della decisione Ue di mettere al bando i motori endotermici dal 2035 – ha ricordato i rischi della monotecnologia e la necessità di continuare a stimolare il parlamento europeo per l’apertura verso la neutralità tecnologica: sarebbe un passaggio fondamentale per poter garantire, all’intera filiera automotive italiana, il tempo e le risorse per riorganizzarsi e per non perdere nel breve e medio periodo i vantaggi competitivi acquisiti sul fronte tecnologico e per sostenere l’occupazione.
D’altro canto, considerata l’imprescindibilità del percorso verso il full electric, auspichiamo che il fondo europeo per una giusta transizione consenta a tutti i paesi europei, in base alle rispettive necessità, di armonizzare i costi energetici nazionali, ampliare e potenziare la rete di distribuzione dell’energia elettrica e la costruzione delle infrastrutture necessarie per i punti di ricarica.
Infatti il recente voto politico del Parlamento di Strasburgo, che sancisce la totale messa al bando dei motori endotermici dal 2035 in Europa – passato nonostante forti opposizioni e autorevoli pareri contrari – getta ombre estremamente cupe sull’intero settore automotive del nostro continente. Di più, in Italia, rischia di dilapidare un grande patrimonio di conoscenze, competenze e abilità accumulate negli anni nel settore, e riconosciuto in tutto il mondo, mettendo così in forse il futuro occupazionale di decine di migliaia di addetti.
Come AQCF-R riteniamo che una norma così concepita sia improvvida. Non solo per le ricadute negative che avrà sul piano occupazionale, ma anche perché vanifica di fatto l’importante patrimonio tecnologico sull’endotermico, che il nostro Paese ha saputo costruire in anni di investimenti, ricerca e sviluppo, formazione dei tecnici e delle maestranze della filiera, fino ad arrivare attualmente a produrre motori di ultima generazione con bassissime emissioni.
I rischi del full electric
La decarbonizzazione dei trasporti, peraltro pienamente auspicabile, non deve e non può escludere del tutto il mondo dell’endotermico di ultima generazione né può prescindere dall’idrogeno o dai biocarburanti, comparto in cui l’Italia sta avviando una filiera nazionale all’avanguardia.
L’esclusività della trazione elettrica in tempi così brevi avrà un impatto ambientale, sociale e occupazionale dalle conseguenze catastrofiche.
Si consideri che, ad oggi, le ricariche delle batterie avvengono con elettricità che in gran parte è prodotta da gas o carbone ovvero da fonti fossili.
L’impatto della mobilità elettrica, con i suoi prevedibili picchi di domanda da ricarica, sulle reti energetiche attuali sarebbe dirompente: per superare i disservizi di aumenti di carico sulla rete servono investimenti e interventi che richiedono tempi lunghi per poter essere portati a termine. Inoltre il full electric creerebbe una eccessiva e preoccupante dipendenza europea dalle batterie di paesi extra UE – Cina, Indonesia e Australia – dove sono allocate le materie prime necessarie, i metalli nobili e i semilavorati chimici.
Considerando il suo prezzo, l’auto elettrica sarà un acquisto di nicchia per molti anni: di fatto il grande pubblico non potrà cambiare l’automobile e dunque rinnovare il vetusto parco circolante, problema molto presente nel nostro Paese. Di conseguenza, le emissioni faranno fatica a scendere e l’auto potrebbe tornare ad essere un bene di lusso, come nell’Italia del dopoguerra.
Con lo scenario geopolitico attuale, poi, una recessione potrebbe rallentare la crescita della diffusione dei veicoli elettrici, in particolare se i governi dovessero tagliere la spesa pubblica e gli incentivi.
Una finestra per la neutralità tecnologica orientata alla tutela ambientale
Con uno step intermedio nella transizione energetica, orientato alla neutralità tecnologica, si metterebbe in sicurezza il comparto e si raggiungerebbero ugualmente gli obiettivi di tutela ambientale. La sostenibilità non può lasciare indietro nessuno e deve passare anche per i temi occupazionali, economici e sociali.
Sul prossimo passaggio in seno al Consiglio Europeo e in vista del Consiglio dei ministri dell’Ambiente del prossimo 28 giugno, lanciamo un appello affinché gli stati membri che non hanno una tradizione nell’automotive o quelli con bassi costi energetici si accordino su soluzioni che armonizzino le diverse realtà industriali e commerciali dei singoli paesi.
Chiediamo soluzioni che contemperino le esigenze di sostenibilità ambientale con quelle economiche e sociali, garantendo così contemporaneamente il raggiungimento dell’elevato obiettivo ambientale e una apertura verso il principio della neutralità tecnologica, tramite opportune finestre di flessibilità al fine di accompagnare la filiera automotive nel percorso di decarbonizzazione.