La conquista del posto di lavoro nel settore produttivo privato in Italia, a differenza dei quello nel pubblico impiego, è priva di una sostanziale stabilità circa le sue prospettive per il futuro.
E ciò a causa di un’evoluzione del modello economico tipico dei paesi liberali, sempre più impregnato di puro e selvaggio liberismo.

Liberismo che sembra essere proiettato verso la spasmodica ricerca del profitto e la sua massimizzazione ad ogni costo, utilizzando qualunque varco consentito dal tessuto legislativo, vigente a livello non solo nazionale e di Ue, ma anche internazionale (in quest’ultimo caso con riferimento particolare alla globalizzazione).

Nel settore industriale le reiterate delocalizzazioni dei cicli produttivi al di fuori del nostro Paese – complice anche una politica industriale alquanto ‘timida’ nel fornire sostegno, ancorché temporaneo, in tema di incentivazioni di varia natura – ci hanno spinto a descrivere la potenziale ma realistica evoluzione dello status socio-economico del dipendente che qui opera.

Le stesse considerazioni valgono per il restante mondo produttivo privato, ad eccezione del settore bancario e di quello assicurativo: questi settori godono di particolari status regolamentari che pongono il mercato in cui operano, di fatto, al riparo da ogni tipo di sostanziale turbolenza in quanto sottoposti al controllo delle relative preposte Autorità.

Molte persone si interrogano su cosa accade in Italia a un dipendente coinvolto nella chiusura di un impianto produttivo, sia esso industriale o commerciale, e sul suo status in termini di protezione retributiva e sostegno sociale secondo la legislazione vigente.
Le stesse sono state sinteticamente riepilogate come di seguito evidenziato, ipotizzando il possibile ricorso, in via graduale e successiva:

– alla trasformazione del rapporto di lavoro da full a part-time;
– all’eventuale ricorso a forme di “esodazione” anticipata (ove possibile);
– al ricorso alla cassa integrazione guadagni;
– alla cessazione del rapporto lavorativo con fruizione di indennità di disoccupazione (comunque denominata);
– al possibile eventuale ricorso ad altre forme di sostegno al reddito quali l’AdI-Assegno di Inclusione in vigore dal primo gennaio 2024 (versione depotenziata del previgente strumento di sostegno reddituale chiamato RdC-Reddito di cittadinanza).

Sintesi

Possibile evoluzione da dipendente full time a

dipendente part time

dipendente “esodato”

dipendente in cassa integrazione guadagni

ex dipendente con indennità di disoccupazione

(in regime di povertà relativa)

Ex dipendente (in regime di povertà assoluta)

prima con Rdc-reddito di cittadinanza

attualmente con Adi-assegno di inclusione

L’interrogazione sollevata rafforza il convincimento secondo cui nel nostro Paese:

  • occorre attivare una politica economica finalizzata a creare occupazione, ricorrendo ai principi dell’economia sociale di mercato, tuttora praticata da taluni Paesi nell’ambito della stessa Ue.;
  • occorre implementare un’attiva politica sociale di sostegno al reddito a favore delle fasce più deboli e fragili della popolazione, in linea con la media degli interventi standard praticati dagli altri paesi dell’Unione Europea (lasciando alle organizzazioni del cosiddetto terzo settore un ruolo subordinato, secondario e non primario);
  • la povertà relativa od assoluta – che coinvolge fasce sempre più ampie della popolazione italiana (vedasi l’annuale Rapporto Istat in tema di povertà) – non deve essere il destino ineluttabile della classe lavoratrice (o di parte di essa) nè nel settore industriale nè in qualunque altro settore produttivo privato.
  • la classe politica non può essere distratta in tema di politiche (“congrue”) di contrasto alla povertà
  • un allargamento della povertà a fasce più estese della popolazione – attualmente l’Italia è in coda alla lista dei paesi dell’Ue in materia di contrasto alla povertà – andrebbe non soltanto a cozzare con i principi sociali “sacralizzati” nella Carta Costituzionale ma creerebbe le basi per un profondo malessere sociale.

La classe lavoratrice privata (o parte di essa) non può e non deve essere indirizzata da una distratta classe politica verso un destino di povertà relativa o assoluta!

Ritorneremo a breve sul tema della povertà per attirare l’attenzione della classe politica circa la necessità di implementare una politica economica di tipo espansiva finalizzata all’incremento dei livelli occupazionali.