A vent’anni dall’avvio del processo di riforma che ha introdotto gli strumenti e le norme della previdenza complementare, in Italia lo sviluppo dei fondi pensione registra ancora gravi ritardi rispetto sia ai paesi anglosassoni sia alle economie a noi simili quanto a caratteristiche istituzionali e struttura finanziaria, quali Francia, Germania e Spagna.
Nonostante sia ancora vivo il ricordo degli ultimi interventi incisivi sul sistema previdenziale obbligatorio, i lavoratori sono solo in parte consapevoli dei tagli apportati alle pensioni pubbliche e spesso sovrastimano le risorse di cui disporranno nella fase di pensionamento.
Sotto molti punti di vista lo sviluppo della previdenza integrativa rimane ancora insoddisfacente.
Le attività dei fondi pensione rappresentano meno del 3 per cento del Pil, un valore inferiore alla media dell’area dell’euro. Per di più, la lenta espansione dei fondi pensione procede in modo diseguale tra le diverse categorie di lavoratori. La diffusione della previdenza integrativa è infatti particolarmente bassa tra i giovani, le donne, i lavoratori autonomi e quelli addetti alle imprese di minori dimensioni.
Si tratta di categorie che più di altre sono penalizzate dalla discontinuità e dalla variabilità dei redditi, per le quali la possibilità di accumulare risorse previdenziali lungo un orizzonte temporale esteso rappresenta un vantaggio particolarmente rilevante.
Inoltre, i lavoratori italiani sono stati finora riluttanti a rinunciare al trattamento di fine rapporto (Tfr), ritenendolo più flessibile e meno rischioso degli altri strumenti della previdenza integrativa.
Sono passati dieci anni da quando milioni di lavoratori sono stati chiamati a scegliere dove destinare il proprio Tfr, durante il “semestre di silenzio assenso” che terminava il 30 giugno 2007. All’epoca, di fronte al bivio di mantenere il Tfr in azienda o destinarlo al fondo pensione, la maggioranza dei lavoratori aveva deciso di non percorrere la strada della previdenza integrativa. Alla fine del 2006 gli iscritti a una forma previdenziale erano 3,3 milioni. A fine 2007 erano saliti a 4,6 milioni; secondo gli ultimi dati Covip a fine settembre 2017 gli iscritti sono 8,1 milioni (dei quali solo 2,7 milioni ai fondi negoziali). Il bacino di potenziali lavoratori aderenti è di circa 11,3 milioni.
L’adesione alla previdenza integrativa offre un trattamento fiscale favorevole e, per i lavoratori dipendenti, la possibilità di fruire della contribuzione da parte del datore. Queste due componenti possono accrescere considerevolmente la ricchezza pensionistica dei lavoratori. Sotto il profilo finanziario, i dati indicano che l’investimento nella previdenza complementare può offrire risultati superiori a quelli del Tfr. Secondo i dati riproposti da Il Sole 24 Ore il 4 novembre 2017, i rendimenti medi, nell’ultimo decennio, delle diverse forme di fondi pensione sono stati superiori alla rivalutazione del Tfr che si è attestata al 24,83% (al netto delle tasse). Nello stesso periodo i comparti azionari e bilanciati hanno conseguito un risultato rispettivamente pari al 41,3% e 44,2%, le linee obbligazionarie del 40,8% e quelle garantite 28,49 per cento.
Il nostro fondo FPQ ha performato il 45,47% per il comparto obbligazionario, il 42,77% per il comparto bilanciato e il 17,36% per il comparto garantito (Cometa rispettivamente il 13,94%, il 40,44% e 45,53%).
Il Fondo Pensione dei Quadri e Capi Fiat è stato costituito in forma di associazione con atto notarile in data 29 gennaio 1997, in attuazione degli accordi aziendali istituiti di data 24 aprile 1996, 27 luglio 1997 e 5 maggio1997, successivamente confluiti con modifiche nell’Accordo Quadro del primo dicembre1997, da considerarsi quale unica fonte istitutiva.
Le parti istitutive del Fondo pensione quadri e Capi Fiat sono FCA, CNH Industrial e l’Associazione Quadri e Capi Fiat.
Il Fondo Pensione dei Quadri e Capi Fiat è iscritto, con il numero 3, all’Albo dei fondi pensione dal 15 luglio 1998. È un fondo negoziale “senza scopo di lucro che consente ai Professional di FCA e CNH Industrial di costruirsi una pensione complementare con un portafoglio gestito di circa 600 milioni investiti nei tre comparti garantito, bilanciato obbligazionario e bilanciato azionario. I rendimenti cumulati di FPQ dal 2004 al mese di settembre 2017 sono del 24,50% per il garantito, del 65,51% per il bilanciato obbligazionario e 66,01% per il bilanciato azionario. Un fondo chiuso o negoziale garantisce anche una bassa onerosità rispetto alle altre forme di previdenza complementare. L’indice sintetico dei costi (Isc) risulta essere anche di 5 volte inferiore a quello del piano individuale di previdenza (Pip)”.
Il Fondo Pensione dei Quadri e Capi Fiat è un fondo negoziale da sempre attento nella gestione del patrimonio e ai costi di gestione a favore dei propri iscritti proponendo tre tipologie di investimento con i comparti garantito, bilanciato obbligazionario e bilanciato azionario. È possibile anche aprire posizioni a favore di famigliari a carico sfruttando i benefici fiscali previsti per i fondi pensione. Nel 2017 inoltre, il programma di Welfare aziendale prevede anche la possibilità di destinare una quota ai fondi pensione godendo anche di un ulteriore beneficio fiscale: gli importi non saranno assoggettati a tassazione separata quindi riconosciuti in uscita come prestazione non tassata.
In un sistema nel quale la previdenza pubblica non è più in grado di garantire trattamenti pensionistici adeguati, i fondi pensione negoziali sono e saranno sempre di più collettori del risparmio previdenziale e possono avere un ruolo da “protagonisti” anche sul fronte del finanziamento dell’economia reale e allo sviluppo infrastrutturale.
Manlio Pensi
Il testo integrale della relazione “Fondo pensione complementare per i professional dei gruppi FCA e CNHI” presentata al Consiglio Nazionale AQCF-R è scaricabile dal link sottostante ed è archiviato nella sezione documenti del nostro sito.
171123_fondo_pensione_complementare_professional_FCA-CNHI.pdf