La revisione dei regolamenti europei sulle emissioni nel settore automobilistico sarà un momento decisivo: da essa dipenderà il futuro dell’industria, dell’occupazione e della sovranità produttiva del continente. Se l’Unione europea continuerà a perseguire una visione rigida e univoca, puntando su una sola tecnologia e imponendo il divieto totale dei motori termici dal 2035, le conseguenze per i lavoratori saranno gravi e irreversibili.

L’apertura alla revisione del bando ai motori termici da subito e l’inclusione dei biocarburanti nella mobilità a zero emissioni rappresentano segnali incoraggianti, ma non sufficienti.
Serve un cambio radicale di approccio, non una transizione imposta dall’alto ma un percorso costruito con il contributo dei lavoratori, delle imprese e dei territori.
Un’elettrificazione forzata, scollegata dalla realtà economica e industriale, rischia di distruggere intere filiere e di ridurre l’Europa a un mercato dipendente da tecnologie e materie prime straniere.

Gli studi dimostrano che migliaia di posti di lavoro sono già a rischio, in un settore che rappresenta una parte essenziale della manifattura e della ricerca europee.
Non si può chiamare “verde” una transizione che lascia sul terreno migliaia di famiglie. L’Europa deve tornare a essere pragmatica, non dogmatica. Occorrono regole che favoriscano l’innovazione e la competitività, non che puniscano chi produce. Il famigerato sistema delle sanzioni alle case automobilistiche, concepito per accelerare la transizione, si è rivelato una misura distorta che grava sull’industria e mette in pericolo l’occupazione, senza reali benefici ambientali.

La transizione non può essere scandita dai tempi della politica ma da quelli della realtà produttiva. Rivedere il calendario della decarbonizzazione non significa arretrare sul clima ma creare le condizioni per una trasformazione giusta, equilibrata e sostenibile. Serve una normativa europea che garantisca neutralità tecnologica, libertà di scelta per i consumatori e piena partecipazione dei lavoratori alle decisioni sul futuro del settore.

La difesa dell’industria e dell’occupazione non può essere subordinata a calcoli politici o logiche di mercato globali. Oggi è il momento di una posizione sindacale forte, autonoma e indipendente, capace di rimettere al centro l’interesse esclusivo dei lavoratori, senza condizionamenti e senza timori. Solo così si potrà costruire un modello europeo di sviluppo che unisca ambiente, innovazione e giustizia sociale.

AQCF-R richiama con forza la necessità di una transizione realmente sostenibile e denuncia il rischio che il Green deal automobilistico, così com’è concepito, si trasformi in una condanna per l’industria e per il lavoro. In vista dei prossimi incontri della Commissione europea, AQCF-R rilancia l’appello per un’Europa che scelga la sostenibilità ma anche l’equità e la ragionevolezza.