La crisi del settore automotive sta avendo un impatto devastante sull’occupazione e sull’intero tessuto produttivo italiano. La riduzione drastica della produzione di vetture negli stabilimenti di Stellantis e nelle aziende dell’indotto sta mettendo a rischio migliaia di posti di lavoro, con una perdita irreversibile di competenze e know-how tecnologico. A fronte di questa emergenza, al tavolo automotive oggi 14 marzo presso il Ministero delle Imprese e del Made in Italy abbiamo rivendicato un piano di rilancio industriale che garantisca il futuro del settore e la tutela dei lavoratori. Non possiamo accettare che la transizione ecologica venga gestita senza considerare le conseguenze sociali ed economiche, penalizzando l’industria italiana e favorendo le produzioni extraeuropee.

Le nostre richieste
- Ripristino del fondo automotive nella sua totalità per sostenere l’intero comparto produttivo.
- Rilancio degli stabilimenti italiani con il completamento della produzione di modelli ibridi in tutte le fabbriche Stellantis.
- Un chiaro piano industriale del futuro degli stabilimenti di meccanica, come Termoli, per garantire continuità occupazionale.
- Riforma strutturale degli ammortizzatori sociali, per proteggere i lavoratori e ridurre l’impatto sui bilanci aziendali.
- Mantenere il tavolo permanente con Governo, Regioni, Stellantis e imprese dell’indotto, per sostenere il reddito dei lavoratori e finanziare programmi di riqualificazione professionale. Un esempio positivo è rappresentato dall’accordo con la Regione Piemonte, che ha previsto integrazioni salariali vincolate alla formazione. È necessario estendere questa misura a livello nazionale per evitare l’abbandono delle competenze e garantire una riconversione professionale efficace.
Una transizione gestita male: Ue e competizione sleale
L’Unione Europea ha imposto una transizione ecologica rigida e accelerata, senza tenere conto delle reali condizioni dell’industria. Questa politica sta favorendo la Cina, che sta affrontando la transizione in modo più graduale e strategico, garantendo stabilità alla propria produzione industriale. L’Europa rischia di perdere la leadership tecnologica, mentre i nostri stabilimenti chiudono e i lavoratori restano senza certezze.
L’invecchiamento del parco auto italiano è un problema sottovalutato
- Oltre 9 milioni di veicoli sulle strade hanno più di 19 anni, non rispettando nemmeno le normative Euro 4.
- Senza incentivi strutturali per il ricambio auto, il mercato resterà stagnante e il settore produttivo soffrirà ulteriormente.
Il nuovo piano Ue, un’occasione persa
Le recenti misure dell’Unione Europea non risolvono il problema, ma lo aggravano:
- Nessun nuovo fondo per supportare la transizione, solo una riallocazione di risorse già esistenti.
- Rigidità sulla scadenza del 2035 per lo stop ai motori termici, senza una reale valutazione dell’impatto.
- Eccessivo focus sull’elettrico, ignorando alternative come biocarburanti, idrogeno e carburanti sintetici.
- Deroghe insufficienti, che penalizzano il settore dei trasporti pesanti.
- Nessuna misura efficace contro la concorrenza sleale della Cina, che continua a inondare il mercato europeo con veicoli a basso costo.
Serve una strategia industriale equilibrata e inclusiva
Chiediamo un approccio tecnologicamente neutrale, che non imponga esclusivamente la transizione all’elettrico, ma valorizzi tutte le tecnologie disponibili. Biocarburanti, idrogeno e ibridi avanzati devono essere parte della soluzione, per garantire una transizione sostenibile sia sul piano ambientale che su quello occupazionale.
Non c’è transazione ecologica senza giustizia sociale
Non accetteremo che la transizione si traduca in perdita di posti di lavoro, deindustrializzazione e impoverimento delle famiglie. Governo, Ue e aziende devono assumersi la responsabilità di proteggere il settore e i lavoratori.
Auto aziendali: una nuova stangata per i lavoratori, il governo riveda il provvedimento
La nuova normativa fiscale sulle auto aziendali, introdotta con la Legge finanziaria, penalizza ingiustamente lavoratori e imprese. Dal 1° gennaio 2025, la tassazione dei fringe benefit non terrà più conto delle emissioni di CO₂, colpendo indiscriminatamente tutti i veicoli non elettrici, compresi quelli meno inquinanti. Questa decisione rischia di aumentare i costi per oltre un milione di lavoratori italiani e di causare un crollo del 30% delle immatricolazioni per il noleggio a lungo termine, con gravi ripercussioni sul settore automobilistico e sull’economia nazionale. Chiediamo al Governo di rivedere urgentemente il provvedimento, che rappresenta un’ulteriore penalizzazione per la classe media e per le aziende.
Servono impegni concreti e immediati.