In vista del tavolo Iveco convocato dal ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, per il 10 ottobre, viene ribadita la posizione sull’operazione di acquisizione di Iveco Defence Vehicles da parte di Leonardo.

Come AQCF-R non siamo contrari all’aggregazione/vendita: riteniamo che il rafforzamento di un polo nazionale della difesa terrestre possa rappresentare un’opportunità strategica per il Paese e un’occasione di consolidamento industriale.

Tuttavia non possiamo ignorare le profonde differenze che caratterizzano le due realtà coinvolte. Da un lato Iveco Defence Vehicles, azienda privata con processi decisionali snelli, forte autonomia e libertà progettuale; dall’altro Leonardo, società a partecipazione pubblica, con iter procedurali complessi e influenzati dalle logiche politico-istituzionali.

Queste diversità pongono la sfida di un’integrazione non priva di complessità, con possibili impatti su:

  • la rapidità dei processi decisionali,
  • la flessibilità progettuale,
  • l’autonomia delle sedi produttive,
  • la valorizzazione delle competenze interne.

La preoccupazione più grande riguarda il futuro dei lavoratori degli stabilimenti di Iveco Defence Vehicles Bolzano, Piacenza e Vittorio Veneto: oltre 1600 persone che ogni giorno contribuiscono con competenze uniche allo sviluppo della difesa terrestre italiana. In particolare per lo stabilimento di Piacenza si evidenzia una sovrapposizione produttiva con Rheinmetall nel settore dei veicoli civili, che accresce le incertezze su prospettive e ruoli industriali.

Ultimo punto ma non meno importante, la produzione HD9 (autocarro per applicazioni gravose in cave e cantieri) di Piacenza che rappresenta all’incirca il 50% della produzione, che è un modello civile non militare. Anche su questa produzione e sulle persone impiegate serve avere chiarezza.

Le richieste

Per garantire che l’operazione non si traduca in un arretramento industriale e sociale, vengono avanzate le seguenti richieste:

  1. garanzie occupazionali chiare e vincolanti per tutti i lavoratori coinvolti;
  2. un piano industriale trasparente che indichi obiettivi, investimenti e tempi di realizzazione, evitando duplicazioni e sovrapposizioni produttive;
  3. tutela della cultura aziendale e delle professionalità interne, affinché autonomia, innovazione e capacità progettuale restino patrimonio vivo e non vengano soffocati da logiche burocratiche;
  4. un eventuale tavolo permanente di confronto con governo, imprese e parti sociali per monitorare l’evoluzione dell’integrazione e intervenire tempestivamente in caso di criticità.

Il successo di questa operazione dipenderà dalla capacità di coniugare interesse nazionale e sostenibilità gestionale, senza sacrificare l’autonomia e l’innovazione che hanno reso Iveco Defence un’eccellenza riconosciuta a livello internazionale.