L’Europa ha adottato un approccio dogmatico nella transizione ecologica del settore automotive, imponendo una drastica riduzione delle emissioni e una rapida elettrificazione della mobilità senza considerare pienamente le conseguenze economiche e industriali. Questa strategia si traduce in un percorso rigido e accelerato che rischia di mettere in difficoltà l’industria automobilistica europea, con pesanti ripercussioni su occupazione, competitività e innovazione.
Dall’altra parte, la Cina ha adottato un approccio pragmatico, basato su una transizione graduale che tiene conto delle condizioni economiche e industriali attuali. Sebbene il paese investa massicciamente nelle energie rinnovabili e nell’elettrificazione, continua a sfruttare il carbone come fonte energetica primaria, garantendo così stabilità alla propria industria mentre lavora su una transizione sostenibile nel lungo periodo.
L’errore dell’Europa è simile a quello di chi, mentre affronta una salita, decide di spegnere il motore per rispettare un principio ecologico, rischiando di fermarsi del tutto prima di arrivare in cima. La rigidità normativa europea potrebbe infatti portare a una perdita di leadership tecnologica e produttiva, favorendo paradossalmente i concorrenti cinesi che, pur puntando alla sostenibilità, lo fanno con una strategia più adattabile e attenta agli equilibri industriali.
L’invecchiamento del parco auto italiano, un problema ignorato dalla strategia europea
Secondo gli ultimi dati diffusi da Unrae, il parco auto circolante in Italia sta invecchiando sempre di più, posizionando il nostro Paese agli ultimi posti in Europa per il rinnovo del parco veicoli. Rispetto alla media europea, infatti, l’Italia si trova in ritardo su diversi aspetti cruciali.
Nel 2024 sono state immatricolate poco più di 1,5 milioni di autovetture, un dato in leggero calo rispetto al 2023 e ben inferiore ai livelli pre-pandemia: il numero di nuove auto immatricolate è infatti circa il 19% in meno rispetto ai quasi 2 milioni del 2019. Nonostante questa contrazione, il fatturato del settore è rimasto stabile a 46,9 miliardi di euro, trainato dall’aumento dei prezzi delle automobili nuove.
Il problema più rilevante, però, riguarda l’età media delle vetture in circolazione. Il parco auto complessivo è in continua crescita: dai 34,3 milioni di veicoli del 2009 si è passati ai 40,57 milioni di fine 2024, con un incremento dell’1,3% rispetto al 2023. Questo aumento non è dovuto a un boom di nuove immatricolazioni, piuttosto alla tendenza degli italiani a mantenere le proprie auto per un periodo sempre più lungo.
La conseguenza diretta è che quasi 9 milioni di veicoli sulle strade italiane hanno superato i 19 anni di età e non rispettano nemmeno le normative sulle emissioni Euro 4. In questo contesto, l’Italia si colloca tra gli ultimi posti in Europa. Lo stesso vale per la diffusione di auto elettriche e ibride plug-in: il numero complessivo di questi veicoli si attesta a 568 mila unità, pari a una quota di mercato dell’1,4%, il dato più basso del continente.
La necessità di un approccio neutrale e bilanciato
Per evitare gli effetti negativi di una transizione troppo rapida o troppo lenta, la soluzione migliore sarebbe un approccio neutrale, che combini sostenibilità ambientale e sostenibilità economica. Un percorso graduale, basato sulla diversificazione tecnologica, permetterebbe di garantire l’innovazione senza sacrificare competitività e occupazione.
Questo significa non escludere a priori nessuna soluzione tecnologica, ma lasciare che siano la ricerca e il mercato a determinare le migliori alternative. L’elettrico è senza dubbio una componente chiave del futuro, ma non può essere l’unica risposta: soluzioni come i carburanti sintetici, biocarburanti, l’idrogeno e l’ibridazione avanzata potrebbero coesistere in un sistema più flessibile e resiliente.
Un approccio neutrale consentirebbe anche di gestire la transizione in modo più armonico, evitando la dipendenza da fornitori extraeuropei e proteggendo il settore industriale e occupazionale. La vera sostenibilità non è solo ambientale, ma anche economica e sociale. Solo attraverso un equilibrio tra innovazione, investimenti e pragmatismo sarà possibile costruire un futuro veramente sostenibile per il settore automotive.